domenica 15 gennaio 2012

Trenita'

Scrivere dal treno non e' segno di sanità'...e' uno stato d'animo confuso...e' trenita'!

martedì 10 gennaio 2012

Idee

Approfittando di non essere fragilissimi di cuore, andiamo all'altro mondo bighellonando un poco perché, forzando il passo, succede che si muore per delle idee che non hanno più corso il giorno dopo. Ora, se c'è una cosa amara, desolante, è quella di capire all'ultimo momento che l'idea giusta era un'altra...

mercoledì 21 dicembre 2011

Needle in the Hay

Your hand on his arm 
The hay stack charm around your neck 
Strung out and thin 
Calling some friend trying to cash some check 
He's acting dumb 
That's what you've come to expect 
Needle in the hay 
Needle in the hay 
Needle in the hay 
Needle in the hay 
He's wearing yr clothes 
Head down to toes a reaction to you 
You say you know what he did 
But you idiot kid 
You don't have a clue 
Sometimes they just get caught in the eye 
You're pulling him through 
Needle in the hay 
Needle in the hay 
Needle in the hay 
Needle in the hay 
Now on the bus 
Nearly touching this dirty retreat 
Falling out 6th and powell a dead sweat in my teeth 
Gonna walk walk walk 
Four more blocks plus one in my break 
Down downstairs to the man 
He's gonna make it all ok 
I can't beat myself 
I can't beat myself 
And I don't want to talk 
I'm taking the cure so I can be quiet 
Whenever I want 
So leave me alone 
You ought to be proud that I'm getting good marks 
Needle in the hay 
Needle in the hay 
Needle in the hay 
Needle in the hay



venerdì 4 novembre 2011

WE ARE WHAT WE ARE (Un film da vedere)

WE ARE WHAT WE ARE

Jorge Grau dirige una riflessione lucida e aberrante sulla famiglia e sulle sue contraddizioni: tra violenze tribali e rituali cannibalici, Somos lo que hay, titolo originale del film, fa il verso all’horror senza rinunciare al coté sociale.
Una famiglia di cannibali miete le proprie vittime nelle periferie più disperate dell’America Latina. Quando il capofamiglia muore, la moglie e i tre figli dovranno continuare la tradizionale caccia all’uomo. Non sarà semplice, anche e soprattutto per le rivalità tra fratelli (uno burbero e violento, l’altro riflessivo e accomodante) che, in periodo di interregno, scoppieranno violentemente mettendoli l’uno contro l’altro. Soltanto la sorella Sabina saprà prendere in mano la situazione, gestendo l’incipiente nevrastenia della madre e le ripicche tra i due contendenti. 



L’inizio di We are what we are è folgorante, un capolavoro di rigore concettuale e formale. Un uomo anziano e disperato, un vagabondo, vestiti sdruciti e sguardo da pazzo, trascorre le giornate a fissare le vetrine dei centri commerciali. Quando vede la propria faccia riflessa sul vetro, un volto grottesco e sdentato, annebbiato da una follia impaurita e tremebonda, è preso dal panico e comincia a fuggire. Corre, urta i passanti, incespica, dopo di che cade a terra sconvolto dalle convulsioni. I fantasmi della sua vita l’hanno ormai raggiunto e consumato. A quel punto entrano in scena gli addetti alle pulizie che, con i loro spazzoloni, i carrelli e i detersivi, rimuovono il corpo disteso al suolo. La gente passa, gli acquirenti acquistano, i consumatori consumano. Ignari di tutto, come se nulla fosse successo veramente.
 
La famiglia è al centro di tutto: la necessità di sopravvivenza spinge due fratelli a lottare per il ruolo di capofamiglia, con quello che ne consegue, il potere, il dominio assoggettante sugli altri membri, la responsabilità di dover cacciare e uccidere. Non che nessuno dei due si tiri indietro, eppure le metodiche impiegate sono talmente contraddittorie che la conciliazione tra le parti è soltanto l’illusione di chi crede che niente sia cambiato. Alfredo (Francismo Barreiro) è uno con la testa sulle spalle, intelligente, giudizioso, pensa sempre prima di agire. È lui che tiene a bada il fratello, Julian (Alan Chávez), un pazzo scatenato che in una scena rapisce e massacra di botte una prostituta, con così tanti testimoni che l’intervento della polizia è scontato. E poi la sorella Sabina (Paulina Gaitan), ragionevole come Alfredo ma sottilmente spietata come Julian, capacissima di mediare tra rapporti conflittuali che, in una complessa relazione triangolare di affetti e ritorsioni, coinvolgono i fratelli e vertono sulla madre. La quale, già in contrasto col marito, scarica su Alfredo la propria rabbia, parteggiando per il rivale, figliolo prediletto e vezzeggiato. Anche Julian se la prende con Alfredo, perché troppo onesto e assennato, e se non fosse per Sabina l’ira divamperebbe senza controllo.
 
Purtroppo quando c’è da compiere il “rituale” i dissidi si fanno insanabili: Julian porta a casa una meretrice, ma siccome il padre era un puttaniere la madre non ne vuole sapere. Così ammazza la donna e la scarica in mezzo a una strada, di fronte agli stessi testimoni del rapimento. E quando Alfredo recupera un omosessuale, è Julian che rifiuta la preda perché lui “non mangia i froci”. Il punto di non ritorno è raggiunto, la lotta intestina avrà esiti fratricidi.
 
Il film di Grau, messicano con diversi corti in curriculum, è indefinibile dal punto di vista dei generi: non è un horror, non è un film a tematica sociale, quanto una sorta di sintesi oppiacea e nebulosa tra i due estremi. Mantenendosi a debita distanza dalla storia, dalla narrazione, dal suo viluppo di trame e sottotrame, il regista studia come un entomologo i suoi personaggi e le loro stranianti relazioni. Senza dare giudizi, senza fornire chiavi di lettura o modelli valutativi. Grau è una divinità onnisciente che in fin dei conti non intercede per le sue creature, e della cui bontà è forse lecito dubitare.

                                                                                                                          
                                                                                    Marco Marchetti          Fonte www.Nocturno.it